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Canoni non percepiti, tassazione della locazione e crediti d’imposta.

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Indice dei contenuti.

I canoni locativi, anche se non percepiti, concorrono a formare il reddito tassabile del locatore fino alla risoluzione del contratto.

Maggior favore per i contratti di locazione ad uso abitativo per i quali è previsto un credito d’imposta.

Canoni non percepiti e reddito complessivo del locatore.

I canoni non percepiti dal locatore, comunque pattuiti in contratto, concorrono a formare il suo reddito, ai fini Irpef, per tutta la durata del rapporto locativo.

In parole povere: se hai locato un immobile di cui sei proprietario, devi pagare le tasse sui canoni pattuiti anche se non li hai effettivamente percepiti perché, ad esempio, il tuo inquilino si è reso moroso.

I tuoi redditi saranno quindi assoggettati a Irpef o cedolare secca secondo il principio di competenza.

Solo e soltanto per le locazioni abitative, c’è la possibilità di usufruire, al ricorrere di determinati presupposti, di un credito d’imposta pari al valore dei canoni non percepiti.

E’ la legge a stabilirlo, con l’art. 26, comma 1, del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (dPR n. 917/86), in breve Tuir.

Ma entriamo nel dettaglio della norma.

Tassabilità dei canoni non percepiti: dura lex sed lex.

Art. 26, comma 1, Tuir (ante novella).

Prima della novella operata col decreto “Crescita”(decreto legge 34 del 30.04.19, convertito in legge 58/19), l’art. 26, comma 1, Tuir, così disponeva:

Art. 26, comma 1, Tuir (ante novella) – Imputazione dei redditi fondiari. I redditi fondiari concorrono, indipendentemente dalla percezione, a formare il reddito complessivo dei soggetti che possiedono gli immobili a titolo di proprietà, enfiteusi, usufrutto o altro diritto reale […] per il periodo di imposta in cui si è verificato il possesso. I redditi derivanti da contratti di locazione di immobili ad uso abitativo, se non percepiti, non concorrono a formare il reddito dal momento della conclusione del procedimento giurisdizionale di convalida di sfratto per morosità del conduttore. Per le imposte versate sui canoni venuti a scadenza e non percepiti come da accertamento avvenuto nell’ambito del procedimento giurisdizionale di convalida di sfratto per morosità è riconosciuto un credito di imposta di pari ammontare.

Nuova formulazione dell’art. 26, comma 1, Tuir post (novella del Decreto “Crescita”).

L’art. 3quinquies del citato decreto “Crescita” ha poi modificato l’art. 26, comma 1, Tuir, con previsione di una peculiare disciplina per le locazioni abitative concluse dopo l’1 gennaio 2020:

Art. 26, comma 1, Tuir (post novella): Imputazione dei redditi fondiari – 1. I redditi fondiari concorrono, indipendentemente dalla percezione, a formare il reddito complessivo dei soggetti che possiedono gli immobili a titolo di proprieta’, enfiteusi, usufrutto o altro diritto reale, salvo quanto stabilito dall’articolo 30, per il periodo di imposta in cui si e’ verificato il possesso. I redditi derivanti da contratti di locazione di immobili ad uso abitativo, se non percepiti, non concorrono a formare il reddito, purché la mancata percezione sia comprovata dall’intimazione di sfratto per morosità o dall’ingiunzione di pagamento. Ai canoni non riscossi dal locatore nei periodi d’imposta di riferimento e percepiti in periodi d’imposta successivi si applica l’articolo 21 in relazione ai redditi di cui all’articolo 17, comma 1, lettera n-bis. Per le imposte versate sui canoni venuti a scadenza e non percepiti, come da accertamento avvenuto nell’ambito del procedimento giurisdizionale di convalida di sfratto per morosità, è riconosciuto un credito di imposta di pari ammontare.

Canoni non percepiti, loro tassabilità e credito d’imposta per le locazioni abitative.

Principi ricavabili dall’art. 26, comma 1, Tuir.

Dalla lettura dell’art. 26, comma 1, nelle versioni succedutesi nel tempo, possiamo trarre le seguenti conclusioni.

Canoni pattuiti in contratto sempre assoggettati a Irpef.

I canoni pattuiti nel contratto di locazione, anche se non percepiti, costituiscono base di calcolo dell’Irpef annuale dovuta dal locatore, persona fisica.

L’art. 26, cit. stabilisce il principio dell’imponibilità delle rendite fondiarie indipendentemente dalla loro percezione, in base al c.d. principio di competenza.

Tale principio vige per tutta la durata del contratto di locazione, sia esso ad uso abitativo o diverso.

Tuttavia, per le sole locazioni abitative, tale rigida regola viene contemperata dal riconoscimento, al ricorrere di determinati presupposti, di un credito d’imposta.

Credito d’imposta per le sole locazione abitative.

La norma riconosce, in favore del locatore e al ricorrere di determinate condizioni,un credito d’imposta pari all’importo dei canoni non percepiti.

Presupposto per il riconoscimento del credito d’imposta è l’accertamento giudiziale o con semplice intimazione dei canoni non percepiti dal locatore

Come già anticipato, tale regime è escluso per le locazioni ad uso diverso (sul punto si è espressa anche l’Agenzia delle Entrate con circolare n. 7/E del 27.04.2018, pag. 334 e seguente).

Presupposti per il riconoscimento del credito d’imposta nelle locazioni abitative.

Locazioni abitative stipulate al 31 dicembre 2019.

Per le locazioni abitative stipulate al 31.12.2019, il locatore potrà beneficiare di un credito d’imposta pari all’importo dei canoni non percepiti soltanto all’esito del procedimento di convalida di sfratto per morosità.

Affinché il locatore possa beneficiare del credito d’imposta sui canoni non percepiti è necessario che gli stessi siano accertati in sede giudiziale.

Locazioni abitative stipulate dall’1 gennaio 2020.

Per le locazioni stipulate dall’1.01.2020, l’art. 26, comma 1, novellato dal decreto “Crescita”, subordina il riconoscimento del credito d’imposta in favore del locatore all’intimazione, che sia fatta al conduttore, di sfratto per morosità ovvero alla notifica di un’ingiunzione di pagamento sui canoni insoluti.

Nessun credito d’imposta per le locazioni ad uso diverso.

Come già detto, la norma non riconosce alcun credito d’imposta per i canoni non percepiti nelle locazioni ad ad uso diverso.

La risoluzione consensuale o giudiziale del contratto di locazione ad uso diverso non comporta, quindi, alcun beneficio fiscale per il locatore che sia danneggiato dal conduttore moroso.

L’art. 26, comma 1, riserva infatti il “beneficio” del credito d’imposta alle sole locazioni abitative.

Tale interpretazione è confermata dall’Agenzia delle Entrate con circolare n. 7/E del 27.04.2018 (pag. 334 e seguente) e, prima ancora, con circolare n. 11 del 21.05.2014 (risposta 1.3)

I canoni locativi previsti in contratto, anche se non percepiti, concorrono a formare il reddito complessivo del locatore.

Locazioni abitative e locazioni a uso diverso: ingiustificata disparità di trattamento fiscale.

L’art. 26, comma 1, realizza un’evidente disparità di trattamento tra locazioni abitative e locazioni ad uso diverso.

La novella operata dal recente decreto Crescita non ha rimosso tale “ingiustizia fiscale” laddove ha ribadito l’accesso al credito d’imposta per le sole locazioni abitative.

Nulla viene detto riguardo alle locazioni ad uso diverso che pertanto non possono usufruire di credito d’imposta alcuno.

E anzi, il vigente art. 26, comma 1, accentua il contrasto sia con l’art. 1 dello stesso Tuir, il quale prevede, quale presupposto oggettivo Irpef, il “possesso di danaro” e quindi di un’entrata monetaria, sia con l’art. 53 della Costituzione italiana che stabilisce i criteri di proporzionalità e progressività dell’imposizione fiscale.

L’art. 26, comma 1, assoggetta a tassazione Irpef canoni di locazione, mai percepiti dal locatore, per il sol fatto di essere previsti in contratto.

Quindi, il locatore, persona fisica, è tenuto a pagare l’Irpef su somme mai percepite e che pertanto non costituiscono reddito alcuno!

Tassazione successiva alla risoluzione della locazione.

Dalla risoluzione del rapporto locativo, l’immobile non locato sarà tassabile in base alla rispettiva rendita catastale rivalutata, secondo l’attuale normativa fiscale.

Ti consiglio di rivolgerti al tuo commercialista o al tuo consulente fiscale per la liquidazione d’imposta sull’immobile non locato.

Leggi anche: Plusvalenza da cessione immobiliare. La tassazione aumenta!

Locazioni abitative: successiva riscossione di canoni per i quali si è usufruito di credito d’imposta.

Ipotizziamo che, a seguito di convalida di sfratto per morosità, il contratto di locazione ad uso abitativo si sia risolto.

Al ricorrere dei presupposti di legge, il locatore avrà quindi titolo per usufruire di un credito d’imposta pari all’importo dei canoni non riscossi.

Ipotizziamo che, successivamente, il locatore riesca a recuperare parte dei canoni non percepiti aggredendo beni in proprietà del vecchio conduttore.

Tali redditi sono soggetti ad imposta? E secondo quale modalità?

In questo caso, l’eventuale successiva riscossione (totale o parziale) dei canoni di locazione, per i quali si è beneficiato di un credito d’imposta, comporterà l’obbligo, per il contribuente, di dichiarare il maggior imponibile.

E quindi, le somme successivamente riscosse, per le quali si è già usufruito di credito d’imposta, dovranno essere menzionate tra i redditi soggetti a tassazione separata.

Sul punto si è espresso l’allora Ministero delle Finanze con circolare n. 150 del 07.07.1999, al paragrafo 1.1, e con circolare n. 95 del 12.05.2000, risposta 4.1.2.

In ultima analisi, in caso di successiva riscossione di canoni per i quali si è già usufruito di credito d’imposta, gli stessi concorreranno alla formazione del reddito del locatore e saranno soggetti a imposizione sostitutiva.

Tali entrate verranno quindi tassate come reddito diverso.

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